Elisa Anfuso
IL PESO DEI DESIDERI
Giovanna Lacedra
Il mondo dice, pallido dall’emozione:
<<vuoi le ali
o preferisci le pinne?
Scegli la materia o l’anima?
Il tuono del ruggito?
Il suono zufolante degli uccelli?
Desideri la libertà delle farfalle?>>
(Maria Pawlikowska)
Il peso di una mela – desiderio e tentazione.
Il peso di una mela scarlatta – dolce succo di un peccato acerbo.
Trattiene quello spiegamento d’ali che inutilmente domandano salvezza
ad un bouquet di inviolati palloncini.
E’ il volo di un’anima che non si divincola.
E vive compressa, come un grumo tra i desideri.
Il volo, no, non lo si può osare. È la nota più alta – eminente e sovrastante –
di quel suono zufolante che il cuore non è disposto ad ascoltare.
E del resto non c’è mare in cui agitare le proprie pinne.
Siamo donne, non sirene. Perfettibili matriosche.
Siamo silenzi che aprono silenzi che contengono silenzi che nascondono altri silenzi.
Non siamo null’altro che parole taciute. Le più belle e audaci che si possano urlare.
Siamo bambine mai state bambine.
Creature in attesa di scalare il cielo, per stanziarsi finalmente tra le nuvole.
E invece, tra le nuvole restano i pensieri. Mentre l’anima subisce il peso della paura.
Paura di osare, assaggiare, volteggiare.
Paura di sentire il sapore del vento.
Volare, volare, volare, volare, volare…
L’infinito presente ribadito.
Pare un eco scagliato verso un cielo di carta.
E invece non è che una traccia, un solco di matita, che incide la parete
su cui si staglia un’adolescente.
I capelli raccolti dietro la nuca e un palloncino legato al dito.
L’anima no, non si divincola.
E avanza, del sogno di vivere, un sobrio disordine di piatti accatastati:
bulimiche trasgressioni, incapaci di sgominare il vuoto.
Essere donna e non saperlo diventare. Mangiare la colpa dei propri appetiti.
E tentare corazze alla propria fragilità.
Il peso dei desideri spinge verso il basso.
Relega in stanze, quaderni o cassetti, tutti i cieli mai toccati.
E confina le chiavi del coraggio
nella stessa gabbia in cui dormono i sogni.
L’anima esiliata in scevre stanze della memoria
sopporta la zavorra dell’impossibilità.
La stanza è piccola. E il cuore pesa.
Non si può scegliere tra materia o anima.
L’anima è stata appesantita
dalla materia di cui è fatta la paura.
Nelle opere di Elisa Anfuso i desideri – appetiti dell’anima – sono palloncini legati ai polsi di eburnee adolescenti, incapaci di esistere al di fuori di spoglie dimore. Luoghi in cui il tempo ha smesso di scorrere, e dove l’anima bambina vive in dolcissima cattività.
Sono donne ancora bambine, o bambine troppo alla svelta cresciute. Vestono abiti da bambola, nastri di raso ne raccolgono i capelli e scarpette di vernice aggraziano i loro passi.
Talvolta, la virtuosa resa realistica dei soggetti e degli oggetti dipinti, contrasta e combacia perfettamente con pagine di quaderno abitate da bimbe che tengono al guinzaglio altrettanti palloncini, o da casette dalle quali svettano infinite scale verso il cielo.
Ma quel cielo non lo si tocca mai.
Non lo si vola, non lo si afferra.
Viene solleticato da rami spogli, o sognato da ali chiuse di uccelli.
Cielo- assenza-di-gravità.
Cielo- libertà.
Cielo come leggerezza.
Cielo come rovescio della realtà.
Sito Ufficiale: http://www.elisaanfuso.com/